Un giovane pedagogista, prima di sposarsi, scrisse un libretto per i giovani genitori che incontrava nelle scuole dove si recava a tenere conferenze sul valore dell’educazione, intitolandolo: «Le dodici infallibili regole per educare i propri figli». Poi (nessuno lo mise in guardia) si sposò, arrivò il primo figlio tanto desiderato e all’uscita della seconda edizione ne cambiò il titolo: «Dodici consigli per educare i propri figli». Arrivò anche il secondogenito e decise di aggiornare il titolo in questo modo: «Dodici indizi utili su come educare i figli». All’arrivo del terzo figlio decise di ritirare la sua pubblicazione, perché si rese conto che non esistono infallibili metodi e rigide regole per educare i figli.
Qual è la chiave “passe-partout” che apre la porta della relazione educativa? È la comunicazione! Solo attraverso l’empatia, il silenzio, l’ascolto profondo, l’abbraccio, il raccontarsi e la congruenza tra verbale e non verbale, è possibile stabilire un autentico contatto con l’educando, ben diverso dai rapporti formali o impersonali che regnano in tanti ambienti educativi. (…) La comunicazione efficace, più che una tecnica, è un atteggiamento interiore ispirato da una visione valoriale sull’esistenza; è l’etica, il vero motore della relazione educativa, perché quando siamo onesti con noi stessi e con il prossimo, gettiamo le basi per il ponte del rispetto su cui si costruisce il senso del bene reciproco. (…)
Educare è incontrarsi in uno spazio sia fisico che temporale, per condividere il piacere della comunione umana; educare è mettere a disposizione la propria umanità per arricchirsi reciprocamente e costruire il tessuto vitale della propria umanità.
Oggi, vediamo i nostri ragazzi ricurvi sui loro smartphone, davanti a un tablet o schermo di un computer, a inseguire emozioni e ingurgitare i messaggi propagati dalle mode del momento. Il grande successo di Facebook, ad esempio, dovrebbe farci riflettere sull’enorme bisogno di condivisione, di stabilire dei contatti e di acquisire una visibilità sociale. Nulla di male in tutto ciò, ma come educatori dovremmo chiederci se tutto questo traffico di dati favorisce la formazione integrale dei nostri adolescenti. Un conto è scambiarsi informazioni ed emozioni; un altro è nutrirsi e arricchirsi di conoscenze, storie, esperienze, valori, ispirazioni e illuminazioni per orientare se stessi verso la rivelazione del «vero Sé» (Donald Winnicott) e la definizione di un consapevole progetto di vita.
La conoscenza di sé è il processo vitale per la costruzione della propria identità.
Chi perde tempo nella non conoscenza di sé, si troverà in seria difficoltà quando il futuro busserà alla porta della sua vita per domandargli di assumersi le responsabilità di uomo e donna. Conosco molti giovani e adulti che hanno smarrito la via di casa: la fedeltà dell’essere se stessi! L’educazione è, da questa prospettiva, l’opera maieutica di Socrate, il far partorire dal di dentro dell’educando la coscienza della propria identità e missione esistenziale.
(tratto dalla pubblicazione “Educare? Sì, grazie” pp. 7-11-12-13-14.)