Esistere è molto di più che sopravvivere: è affermare il potenziale umano in noi presente in tutta la sua magnificenza.
Spesso durante l’infanzia subiamo delle ferite che tendiamo a dimenticare e da queste ferite generiamo dei sistemi di compensazione che sono volti ad affermare il “diritto ad esistere”, ovverosia a manifestare le radici del nostro essere la persona che siamo. Questi sistemi di compensazione possono darci in qualche modo dare l’impressione di esistere e dunque di annullare quella penosa sensazione di “non esistenza”. In altri momenti tendiamo ad attribuire la nostra angoscia ad avvenimenti esterni, circostanze o ne attribuiamo la responsabilità alla presenza di persone che ostacolano la nostra felicità. Difficilmente siamo in grado di riconoscere che possiamo tutti condurre una vita interiore più ricca e più armoniosa, più giusta e più feconda. E’ come se ci accontentassimo di vivere alla superficie di noi stessi provando delle gratificazioni che non sono in grado di togliere la sete della nostra anima e del nostro cuore.
La ferita della non esistenza può generare comportamenti disfunzionali che riducono la vitalità e l’armonia dell’essere.
Il fatto di “non esistere” è legato alla non piena realizzazione della nostra persona. Un modo per riconoscere la presenza di questa ferita è quando stabiliamo un attaccamento eccessivo nei confronti di una persona ma anche di una determinata attività (spesso il proprio lavoro). Questo accade spesso quando, a livello affettivo, un incontro risveglia l’aspirazione ad esistere e improvvisamente l’energia latente del nostro desiderio di manifestazione autentica avverte un profondo risveglio. La persona da cui ci si sente veramente amati e accettati ha dunque il potere di farci sentire bene e di donarci quella libertà di movimento che in qualche modo è stata negata durante l’infanzia o l’adolescenza. Un altro modo in cui si manifesta la non esistenza e quando abbiamo paura di non essere amati o ci sentiamo indegni di ricevere l’amore altrui. Questo può rivelarsi nella paura del rifiuto che mette in moto dei meccanismi inconsci di allontanamento dell’altro. Un altro fenomeno legato alla “non esistenza” si verifica quando ci sente continuamente frustrati, cioè insoddisfatti della propria condotta di vita. Tale insoddisfazione può generare comportamenti di aggressività, di rivalsa o, in alcuni stati, depressivi più o meno marcati. Un altro sintomo della “non esistenza” può essere il sentirsi perennemente afflitti dal senso di colpa. Il sentirsi continuamente colpevoli di tutto indica il fatto di non essersi sentiti amati e riconosciuti come avremmo dovuto. È come se la nostra esistenza fosse percepita indesiderata, proprio perché non riconosciuta.
Non è mai troppo tardi per darsi il permesso di esistere e di guarire dalle nostre ferite
La buona notizia è che è sempre possibile essere guariti dalle nostre ferite, perché dentro di noi c’è un enorme potenziale di crescita, una grande prateria di forze rigeneratrici. È indispensabile dunque conoscere questo fenomeno della “non esistenza” e poi trovare la motivazione di guarire e di far sì che il tempo lavori a nostro favore. Non dimentichiamo, infine, che è molto importante lasciarsi aiutare in quanto difficilmente da soli ci possiamo ridare il permesso di esistere e di esprimerci se non c’è una guida saggia che con la sua amorevole e autorevole presenza ci insegna a raggiungere questo obiettivo. E il viaggio continua… Grazie.