“Guarda le persone negli occhi e capirai ciò che pensano. Osserva come ridono le persone. Ascolta come le persone parlano dei loro genitori. Senti come parlano di Dio. Il mistero più grande per noi non è la persona più lontana, ma quella che ci è più vicina di tutte”. Dietrich Bonhoeffer
È un paradosso, ma le persone che sono a noi più vicine spesso sono quelle più sconosciute. Probabilmente ciò dipende dal fatto che una vita comune corre il rischio di trasformarsi in due rette parallele che smettono di incrociarsi e di scambiarsi informazioni. A volte le cose vengono date talmente per scontate da non rimettere più nella strada del dialogo la propria relazione. La conoscenza dell’altro è un atto che chiede un rinnovamento continuo, perché è solo in questo modo che si può alimentare il senso della reciproca comprensione e intima connessione. Vi sono sempre nuovi aspetti che si rivelano all’interno della creatura umana; a volte sono gemme di splendore, in altri casi sono delle ferite che emergono tutto ad un tratto e che erano del tutto sepolte a livello inconscio nel momento del primo incontro.
Una comunicazione che non aumenta lo spazio dell’intimità psicologica e affettiva è come un terreno arido in cui non crescono frutti maturi.
Ed è proprio per questo che la capacità di dialogare diventa ancora più importante, fondamentale e una base solida su cui costruire il proprio spazio psicologico di libero movimento e di intimità “psicoaffettiva”. È strano verificare come nelle famiglie, il luogo dove l’intimità dovrebbe raggiungere il vertice più alto, spesso vi è un senso di estraneità, di indifferenza ai bisogni reciproci. Un genitore corre il rischio di non conoscere il proprio figlio. Un fratello la propria sorella e un figlio il proprio genitore; da ciò nasce il fraintendimento o la superficialità dell’atto comunicativo. Nelle nostre famiglie non è obbligatorio parlare solo in termini di trascendenza, affrontando temi filosofici, culturali o spirituali, perché anche la semplice chiacchiera o il parlare di cose esterne può diventare un momento di aggregazione. Il fatto è che non si può parlare soltanto di ciò che è all’esterno di sé e al tempo stesso non imparare a raccontare ciò che scorre dentro di sé.
Raccontarsi, aprirsi, confidarsi ci permette di sentirsi più leggeri e liberi dentro di sé.
Il mondo interno è quello invisibile ed è solo l’aprirsi attraverso il ponte della parola che questo mondo può rivelarsi in tutta la sua interezza e nelle sue infinite sfaccettature. E’ meraviglioso osservare che cosa accade all’interno di una famiglia quando la comunicazione profonda inizia a diventare un esercizio quotidiano. La cosa ancora più bella è vedere quanta spontaneità, freschezza e gioia di condivisione nasce dalla comprensione reciproca e dell’aprirsi l’uno verso l’altro. In fin dei conti, l’abbraccio simboleggia proprio questa apertura reciproca, il venirsi incontro, lo raccogliersi, lo stringersi nel calore di un’umanità ritrovata. E non è mai troppo tardi per arrivare a questo meraviglioso, toccante e commovente incontro di cuori, menti ed anima. E il viaggio continua… Grazie.