“La vita di famiglia perde ogni libertà e bellezza quando si fonda sul principio io ti do e tu mi dai”. H. Ibsen
Donarsi per la gioia che tale atto porta in sé significa aver raggiunto una profonda maturità nella sfera dell’affettività e dei legami interpersonali. Quando nasciamo siamo potenzialmente capaci di amare ma la maturazione affettiva è un viaggio che si snoda nell’arco di tutta la vita. La vita affettiva è il cuore del processo di umanizzazione, attraverso cui sveliamo tutta la ricchezza delle energie relazionali a nostra disposizione. L’affettività non riguarda unicamente le relazioni di coppia, famigliari o amicali, poiché essa, come afferma Gilberto Gobbi, “permea il pensiero, l’orientamento, l’azione e la comunicazione della persona e si definisce come capacità di simpatizzare, di entrare in contatto con una certa consonanza interiore, positiva o negativa, con l’insieme dell’universo, con idee, concezioni, realtà varie”.
Siamo tutti desiderosi di ricevere affetto, fiducia e riconoscimento. L’allocentrismo ci permette di donare affetto, fiducia e riconoscimento nella gioia dell’incontro autentico.
Quando nasciamo siamo tutti egocentrici, poiché bisognosi di ricevere cure, attenzioni, accettazione, protezione e affetto a volontà. L’egocentrismo non corrisponde all’egoismo. Si può affermare che si diviene egoisti quando l’egocentrismo non si trasforma in allocentrismo. Un bambino dovrebbe essere aiutato a non percepirsi come l’ombelico del mondo, a comprendere che il suo “io” non è un tiranno che può spadroneggiare a suo piacere ed essere esaudito in ogni sua richiesta, perchè questa tendenza all’egocentrismo potrà divenire il principale ostacolo nel percorso della maturazione affettiva. Il passaggio da un’affettività captativa (tipica del voler ricevere) ad una oblativa (tipica di chi si dona in modo totale senza aspettarsi qualcosa in cambio) è un passaggio chiave per stabilire delle relazioni sane e capaci di andare oltre la barriera dell’ego infantile.
Gioire per l’altrui felicità è essersi spogliati dagli abiti dell’egoismo e aver indossato il saio della saggezza spirituale.
Essere felici per la felicità che l’altro prova grazie a un nostro gesto, atto o comportamento non è una realtà così comune da trovare nelle relazioni affettive. Questa gioia di donare per ciò che di positivo si suscita nell’altro indica un alto livello di maturazione psicoaffettiva e l’aver superato eventuali traumi o rielaborato in modo positivo le zone d’ombra delle proprie ferite affettive. In effetti, ognuno di noi porta con sé dei vuoti affettivi, più o meno estesi, che determinano uno squilibrio emotivo e relazionale nei confronti del prossimo. La maturità affettiva va conquistata con la consapevolezza e la fatica di chi vuole arare un terreno in parte arido o sassoso e generare da esso un vigneto d’uva dolce. Chi non sa o non vuole impegnarsi in questo cammino resterà intrappolato nel groviglio delle sue ferite e oltre a soffrire in prima persona farà inevitabilmente penare le persone a lui affettivamente vicine. La fase dell’egocentrismo va superata se si desidera raggiungere la pienezza di relazioni ricche di vitalità, armonia e benessere profondo. Quando la tendenza allocentrica ha raggiunto il suo completo sviluppo, quella egocentrica diverrà fisiologica ma mai patologica, poiché il bisogno di essere amati, confermati e accettati diverrà una spinta dell’essere che si manifesterà con equilibrio e nel riconoscimento dei bisogni altrui.