L’educazione è ciò che ci dona l’opportunità di bussare alle porte altrui e di stabilire un contatto che apre al vento della speranza il futuro di un educando.
Se un figlio non trova delle risposte ai suoi bisogni di crescita sperimenterà la sensazione inconscia di non essere degno d’essere amato e preso in considerazione. E’ da questa sensazione che nasce la peggiore delle condanne: la solitudine esistenziale, il doversi nascondere, il credersi immeritevoli di essere amati per come siamo. Questa sensazione d’indegnità mina l’integrità del nostro essere, costringendoci a vivere da stranieri in casa propria. Ricordo, anni fa, una ragazza di 22 anni che non si riconosceva nel suo corpo, come se non le appartenesse. Affermava che quando qualcuno la toccava per mano lei non sentiva quel contatto, come se venisse toccata la mano di un’altra persona e non la sua. In questa descrizione corporea abbiamo la sintesi di una grande verità: se da bambini qualcuno non ci tocca nella parte più intima del nostro essere (bisogni, sensazioni, emozioni, desideri, sentimenti e pensieri) è come se perdessimo contatto con noi stessi, a volte in modo drammaticamente psicotico. Il problema è che difficilmente un adulto che non è connesso con se stesso potrà connettersi con il mondo interiore dei propri figli ed è proprio per questo che investire sulla possibilità di lavorare nella propria zona intima è uno dei migliori doni da fare a se stessi e alla persone che più amiamo.
I figli, sin da piccoli, si aspettano che i genitori siano i maestri della risposta, essendo essi abitati da infinite domande sul senso della vita e la realtà che li circonda.
«Per educare occorrono più chiavi, perché vi sono più porte da aprire. Vi sono le porte bambine che odorano di fresca ingenuità: bisogna saperle aprire con dolcezza e tenerezza, entrare in punta di piedi e portare la poesia della vita, ma anche l’avvertimento dei pericoli che in essa si possono incontrare, come le parole di Giorgio Panariello ci invitano a realizzare: «Bambini, Babbo Natale esiste ed esiste la Befana. Esistono i tre porcellini e la fata Morgana. Metti un dente sotto il bicchiere, il giorno dopo c’è un soldino. Peter Pan combatte ancora contro Capitan Uncino. Boschi pieni di folletti e di orsi pasticcioni Elefanti che con le orecchie volan come aquiloni. Esistono i giganti, i draghi, Artù e Merlino. E se segui quelle briciole, puoi incontrare Pollicino. Ma anche l’Orco sai esiste, te lo giuro su me stesso. Ti dirà: “C’era una volta”, stai attento, c’è anche adesso». Vi sono le porte degli adolescenti, spesso chiuse a chiave, nel disordine generale, tra poster, cuffie e diavolerie strane. In queste stanze ai genitori spesso è vietato entrare e ci vuole davvero tanta pazienza per trovare la chiave giusta con cui farsi aprire la porta. E infine vi sono le chiavi degli adulti, quelle più difficili da trovare, perché s’incontrano porte blindate con serrature complicate da anni di rigidità e di chiusura in se stessi». Tratto da “Educare? Sì grazie” p. 9 Disponibile anche in Ebook
In fine dei conti, senza un “tu” capace di accoglierci all’incrocio delle sue braccia grandi difficilmente riusciremo a stare in piedi con le gambe della consapevolezza e dell’autostima. Non vi è un futuro di luce sinché viviamo nel buio di un’infanzia che non ci ha donato il permesso di essere riconosciuti per la bellezza della nostra unicità.