Arriva un momento in cui c’è spazio solo per la verità. Possiamo falsificare una relazione, possiamo mentire a noi stessi, possiamo illuderci di vivere una vita felice, di essere invincibili, superiori a certi avvenimenti o più furbi degli altri, ma prima o poi arriva il momento della verità. E in quel momento si è costretti a inchinarsi ad essa, a piegare lo sguardo della superbia, a far cadere le maschere della falsità, ad ascoltare il lamento del proprio corpo, a prendere atto del fatto che si è rimasti soli e nudi davanti alla coscienza di ciò che è vero, reale, giusto e bene per la vita dell’uomo. «Dio va incontro ai peccatori e ai malati per portare la sua pace, perché lì vi è un terreno più bisognoso ma anche più fertile per la guarigione.”Ora va, i tuoi peccati ti sono stati perdonati e non peccare più“. Gli scribi ed i farisei, i sommi sacerdoti di quel tempo, erano così poveri di umiltà e gonfi di superbia che si illudevano di essere i depositari della verità assoluta; essi erano convinti di essere a posto, di non dover ricevere più alcun insegnamento e dunque non volevano ascoltare sino in fondo la voce della loro anima, che li avrebbe illuminati sulla figura di Gesù Cristo. Anche oggi, come allora, corriamo lo stesso pericolo; se siamo convinti che tutto va bene, se non siamo più capaci di interrogarci e di inquietarci con saggezza, vale a dire nel ricercare il significato più profondo alla nostra breve esistenza terrena, possiamo rimanere abbagliati dalle luccicanti vetrine dell’illusione. “Chi ha orecchi da intendere, intenda” (Mc 4,23). Nella tradizione biblica la colpa maggiore che può essere rimproverata all’uomo è proprio quella di “non (voler) ascoltare” (Ger 7,13; Os 9,17).» (Tratto da “Volersi bene“, pp. 227-228). Chi non accetta la verità da essa sarà sommerso, perchè la luce vince sempre sulle tenebre. La verità può solo tardare ma mai non arrivare. E il viaggio continua… Grazie.