Dal dolore alla serenità.
Rimanere feriti fa parte della vita. Sta a noi decidere come elaborare il dolore che portiamo dentro per poterlo, un po’ alla volta, trasformare in una fonte di pace.
Quando una ferita diventa una feritoia diventa una sorgente di luce da cui scaturisce il profumo della pace. La cosa più terribile non è essere feriti ma lasciare che il dolore dentro si trasformi in vendetta, in chiusura, in disperanza, in un pozzo nero d’angoscia senza fine. Il dolore è difficile da portare, eppure nessuno di noi lo può evitare. Il dolore è il momento in cui siamo chiamati a guardarci dentro, a raccogliere le lacrime come pioggia che batte sulle pareti dell’anima per cercare di toglierci il peso di una sofferenza che non vuole andare via portandoci nei fondali di un abisso senza luce. Una ferita è come un segno lacerante nella pelle che incomincia un lento e invisibile cammino di guarigione, lasciandoci per sempre il segno di quella cicatrice. Solo chi ha saputo attraversare il deserto di notti senza stelle e ha saputo resistere alla tempesta dell’autodistruzione, può guidarci verso una terra di rinascita e di guarigione. Le cicatrici rimarginate sono il distintivo di cui andare più fieri, perchè la gloria del successo non è nulla rispetto alla fatica di un volto sofferente che ha ancora il coraggio di guardare verso il cielo e di ritrovare la via lattea della speranza. La dignità del dolore è ciò che dona la fierezza di rimanere grati al dono della vita, nonostante tutto. Quando una feritoia diventa una feritoia, non siamo più prigionieri dell’angoscia ma uomini e donne che sanno accendere il faro del coraggio di andare oltre, di resistere, di rialzarsi e di credere ancora alla bellezza della vita, quando la vita stessa ci ha gettato a terra nella polvere della disperazione.
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