Dal trauma alla rinascita.
La realtà del trauma psichico colpisce molti esseri umani. I meccanismi di difesa intervengono a nostro favore. Ma sino a quando sono utili? Ed è possibile superare il dolore del trauma?
La sofferenza genera, giustamente, dei meccanismi di difesa che rappresentano un modo di adattarsi alla realtà del dolore. Ad esempio, possiamo fuggire dal presente per non avvertire la minaccia di un’angoscia insopportabile. La depressione rappresenta il tentativo di elaborare una ferita chiudendosi nel guscio del proprio dolore. L’ipervigilanza mentale ci consente di tenere tutto sotto controllo e di allontanarsi dalle pericolose paludi della sofferenza. L’aggressività ci permette di scaricare la rabbia e di tenere lontano il prossimo prima che possa ferirci. Tutte queste strategie sono sì funzionali al superamento del trauma, della perdita o della ferita ma, al tempo stesso, possono limitare la possibilità di sperimentare nuove forme di vitalità, benefici contatti umani ed arricchenti esperienze rigeneranti. Come ha scritto Pema Chodron: «Quando ci proteggiamo dalla sofferenza, pensiamo di fare un favore a noi stessi. La verità è che non facciamo che divenire più spaventati, induriti, alienati. Ci sentiamo separati dall’intero. Questa separatezza diviene per noi una sorta di prigione, una prigione che ci confina nelle nostre speranze e paure personali, in una preoccupazione rivolta solo a chi ci è più vicino. È piuttosto curioso: se il nostro primo obiettivo è difenderci dal malessere, soffriamo. Tuttavia, quando non ci isoliamo e lasciamo che i nostri cuori si spezzino, scopriamo di essere in armonia con tutte le cose viventi». Certo, non è per nulla facile rialzarsi dopo gravi traumi come abbandoni, trascuratezza affettiva, abusi fisici, emotivi e/o sessuali soprattutto se avvenuti duranti l’infanzia. In questi casi è opportuno un trattamento terapeutico che richiede tempo, delicatezza, un’elevata competenza professionale e una particolare sensibilità da parte del terapeuta. Ogni trauma ha la sua storia e non esiste un protocollo di cura standardizzato, perchè tante sono le variabili che entrano in gioco. Quello che conta è favorire una presa di coscienza che porti la persona traumatizzata a riattivare le sue parti sane in una sorta di dialogo interiore curativo, perchè più si diviene consapevoli e più si riesce a lavorare con una lucidità mentale e un atteggiamento amorevole dentro di sé.
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