L’impatto del lockdown sui giovani.
Solitudine, emarginazione, paura sono l’oggetto delle segnalazioni raccolte dal mondo giovanile durante la pandemia da coronavirus.
Gli adolescenti e la pandemia: come affrontarla? Durante il lockdown, molti ragazzi hanno sperimentato un senso di solitudine, a causa della chiusura delle scuole e, in generale, dell’impossibilità di uscire di casa. La sveglia suona, ma non c’è fretta: basta accendere il computer, fare un check a microfono e videocamera, uno al look, e la scuola con la DaD arriva a casa, più o meno puntuale a seconda della connessione internet. A casa, però, non ci sono i compagni, manca la complicità tra i banchi di scuola, stare attenti alle lezioni è più difficile, distrarsi invece è molto facile come ingannare gli insegnanti sul livello della propria preparazione. Il passaggio dalle lezioni in presenza alla Dad ha sconvolto in modo significativo la vita degli studenti (e delle loro famiglie), creando un rischio potenziale per il benessere mentale degli adolescenti. Non avere contatti fisici, reali, con i propri coetanei impoverisce il nutrimento del “cervello emotivo”. Negli adolescenti e preadolescenti, che vivono un’età in cui l’inclusione e l’accettazione nel gruppo di pari è meta essenziale da raggiungere, la chiusura forzata può aggravare quel senso di solitudine piuttosto frequente durante questa età di passaggio dall’infanzia alla vita adulta. Di conseguenza, aumenta la propensione all’isolamento con il rinchiudersi in camera e passare ore su internet trovando rifugio in mondi virtuali o diverse attività d’intrattenimento. Tra i fattori predittivi del disagio giovanile spicca l’isolamento sociale. La pandemia, con le limitazioni che ha posto, sta impedendo l’interazione degli studenti con i compagni di scuola e le attività tra pari al di fuori di essa (come lo sport), che sono vitali per la crescita, l’apprendimento e lo sviluppo delle giovani menti.
Gli adolescenti vivono una fase d’alta instabilità emotiva e hanno bisogno di essere psichicamente contenuti.
Come ha affermato Martin Buber, “l’io si costruisce nel tu” ed è proprio questa mancanza d’interazione e relazione interpersonale la causa principale del malessere psicologico degli adolescenti che si manifesta in un aumento del problemi legati al sonno, stati d’ansia e irritabilità che in alcuni casi è sfociata in aggressività verso i genitori e se stessi, con un considerevole aumento dei casi di autolesionismo. Gli adolescenti vivono una fase d’alta instabilità emotiva e hanno bisogno di essere psichicamente contenuti. Gli adulti dovrebbero essere gli organizzatori della vita psichica degli adolescenti, nel senso che dovrebbero sostenere, rassicurare, confortare, incoraggiare, guidare e orientare i giovani verso l’orizzonte della crescita, della maturazione e della trascendenza. Va ricordato che gli adolescenti non sono dei problemi ma delle domande che interrogano il mondo degli adulti. In queste domande ci sono i loro bisogni ma anche la richiesta di trovare un senso e significato al loro “essere nel mondo” al fine di trovare lo scopo della loro vita. E’ certo che la presenza della famiglia diventa un fattore protettivo dei rischi sopraelencati. In che modo? Il punto di partenza è dare ascolto al mondo interiore dei figli attraverso un atteggiamento empatico su cui costruire un clima di condivisione e d’intimità psicoaffettiva. Per i genitori la pandemia può diventare un occasione per avvicinarsi ai propri figli con uno sguardo nuovo e per offrire loro un sostegno morale, affettivo e morale che permetta loro di fortificarsi e sviluppare nuove risorse. In fin dei conti, ogni problema può essere trasformato in opportunità se vissuto con fiducia, speranza e un atteggiamento resiliente.
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