SCEGLIERE DI AMARE
A differenza dell’infanzia, l’essere adulti ci offre l’opportunità di sentirci degni d’amore, di fiducia, di felicità e di affermare il «diritto ad esistere».
«Non c’è gioia se non c’è amore. Inutile trovare altri surrogati al desiderio di felicità così profondamente iscritto nella creatura umana. La scelta di amare, nonostante tutte le avversità e delusioni incontrate, è la conquista e il compito dell’adultità. In ogni pagina della nostra vita, se la leggiamo in profondità, la presenza o l’assenza di amore è il tema guida, la musica di fondo, il segreto canovaccio da cui diparte la trama di scelte, atteggiamenti e comportamenti futuri. Sentirsi pieni di gioiosa vitalità o afflitti da triste depressione è la misura di quanto amore abbiamo ricevuto. La vita è un dono di Dio, ma è tramite l’amore degli uomini che acquista splendore e valore. Nell’amore si condensa l’energia creatrice, mentre nell’odio quella distruttrice. Fromm ci insegna che la scelta di fondo è tra la «biofilia» (amore per la vita) e la «necrofilia» (amore per la morte). Esistere significa lasciare un segno, una traccia, un’impronta. Nell’amore vi sono semi di speranza, nell’odio fuochi di devastazione; sta a noi decidere quale scia tracciare e lasciare come eredità alle future generazioni. Guardare tutte le sere la televisione, discutere degli stessi argomenti o alzarsi stanchi, di fretta e scuri in volto, è biofilia o necrofilia? Non sarebbe più bello condividere la gioia e lo stupore di nuovi orizzonti? Quante lodi o ringraziamenti sappiamo esprimere? O è tutto un brontolio continuo, tra sbuffate e urla semi-isteriche? L’essere umano ha due caratteristiche speciali: il riso e il pianto. A volte arriviamo a chiudere il nostro cuore al punto di non saper più ridere né piangere.
Nella nostra fragilità sta la nostra forza!
Sembra una contraddizione enorme: eppure «è proprio nella nostra fragilità che sta la nostra forza»!
I momenti di debolezza, di sconforto, di vulnerabilità sono come dei fari che, nella notte della speranza e della fiducia, orientano le nostre scelte verso la saggezza e la verità, permettendoci così di recuperare una giusta ed equilibrata visione della nostra esistenza. Essere fragili è essere creature umane. I nostri bisogni d’affetto, di stima, di appartenenza, di sentirsi importanti e degni d’amore,sono così meravigliosamente umani. I sentimenti sono come dei colori caldi, vibranti, accesi di passione, con cui poter dipingere di generosità, d’entusiasmo e di grandezza d’animo le bianche tele di ogni giorno. La sensibilità è così tenera e delicata, come il primo sorriso di un bambino; la nostra anima è così lucente, pulita e capace di slanci sublimi, se sciolta dalle catene dell’ego e lasciata libera di volare tra la terra e il cielo. Veniamo al mondo bisognosi di tutto: di cure, di protezione, di “latte e miele” (Fromm) con un’ingenuità e un candore che profumano ancora del bacio di Dio sulle guance dell’anima; ed è proprio nei sentimenti, nella sensibilità, nei sogni di un mondo pulito, che siamo terribilmente fragili. Rinunciare alla nostra fragilità e, a seconda dei casi, respingerla, negarla, soffocarla o ibernarla a vita significa, in sintesi, rinunciare al sapore di lacrime e sorrisi. E se non sappiamo più né sorridere né piangere, che senso ha incontrarsi, volersi bene, esultare e soffrire insieme? C’è chi ha imparato a non chiedere mai aiuto, da quanto è costretto a “far da sé”; c’è chi trascorre anni a negare la fragilità, a farsi vedere più grande di lui, a dare un’immagine di “superuomo” o “superdonna” la cui tipica frase è: «io non ho bisogno di niente e di nessuno». C’è chi ha dovuto, a causa di eventi dolorosissimi, sopprimere la propria sensibilità, diventando cinico, indifferente e freddo come un pezzo di ghiaccio e chi ha scelto la via del sadismo per vendicare le proprie ferite. Quanto tempo dovrà ancora passare per «riaprire il cuore»? Questa è una scelta tutta nostra. Nessuno può forzare questa decisione, nessuno può sostituirsi al nostro posto e nessuno può obbligarci a farlo. Se abbiamo paura di soffrire è naturale che sia così. Ma non è davanti a questa paura che dovremmo fermarci, perché adesso siamo persone adulte e possiamo utilizzare delle risorse strategiche che da bambini possedevamo in misura minore. Essere promossi da spettatori passivi a registi e attori della propria storia non è cosa da poco conto. «Riaprire il cuore» è riprendere in mano le redini della propria esistenza con la consapevolezza dell’adulto e la meravigliosa creatività di un bambino guarito». Tratto dalla pubblicazione “VOLERSI BENE“, pp. 85-88).
Ti potrebbe interessare la pubblicazione “VOLERSI BENE”. Disponibile anche in EBOOK