Orientarsi al futuro è divenire saggi capitani!
E’ molto meglio “puntare a delle mete concrete, nell’immediato futuro”, piuttosto che perdersi in chissà quali tortuosi meandri mentali.
«Che cosa possiamo realizzare per noi stessi di veramente incisivo e determinante? Assumere la direzione della propria vita! E’ più importante divenire dei saggi capitani che possedere la più potente delle imbarcazioni. Gli strumenti di bordo, per quanto moderni e computerizzati, non potranno mai sostituire la saggia visione di chi governa la rotta. Se siamo consapevoli dei valori che desideriamo perseguire, ogni tempesta non scalfirà la fiducia in noi stessi e nel futuro. Da bambine e bambini, eravamo in modo spontaneo e naturale in contatto con il centro di noi stessi, con la parte più saggia ed eravamo capaci di apprendere qualsiasi abilità o informazione. Gli sforzi coscienti sono diventati meccanismi automatici, come il camminare. Nessuno di noi pensa a come doversi muovere, a coordinare i movimenti, a regolare il passo, a misurare l’altezza di un gradino e a come si scenda dalle scale. Lo facciamo in modo inconscio. Non è meravigliosa, questa straordinaria capacità di apprendere insita in ognuno di noi? E’ così che dovremmo seguitare a crescere: continuando a imparare ciò che ci permette di muoverci con sicurezza, agilità e serenità tra i viali del tempo.
Un giorno uno studente chiese a Milton Erickson se era preoccupato dall’idea che poteva morire. Erickson era di salute cagionevole; nel 1919, all’età di diciassette anni, ebbe la prima infezione poliomielitica. Il suo medico di campagna aveva chiamato due dottori di Chicago per un consulto ed esso fu: “Il ragazzo morirà prima di domani mattina”. Milton non la prese molto bene questa notizia. Riteneva ingiusto che una madre dovesse assistere alla morte del figlio adolescente. “E’ una cosa infame”, pensò. Quando la madre entrò nella stanza di Milton “col viso sereno”, egli le chiese di spostare la cassapanca che gli impediva di vedere fuori dalla finestra. Milton non diede spiegazioni alla madre di questa sua richiesta, ma in cuor suo sapeva benissimo che cosa stava facendo: desiderava godersi la vista del tramonto. Per nessuna ragione al mondo, egli raccontò, “avrei voluto morire senza vedere il tramonto!”. Erickson vide solo la metà del tramonto e poi andò in coma per tre giorni; quando si risvegliò, era totalmente paralizzato ma vivo!
In questo racconto Erickson ci insegna che è sempre più importante rimanere attaccati al desiderio di essere vivi, piuttosto che concentrarsi sull’angoscia di morte. Quando egli se la prende con il nefasto consulto dei medici, dichiara come un dottore, ancor prima di predire la morte, dovrebbe infondere fiducia e speranza nelle potenti e sconosciute risorse del corpo, della mente e dello spirito umano. Egli ci insegna che è molto meglio “puntare a delle mete concrete, nell’immediato futuro”, piuttosto che perdersi in chissà quali tortuosi meandri mentali. Il suo obiettivo più vicino era di osservare il tramonto e ciò richiedeva il fatto di non morire. Tra lui e la finestra vi era un ostacolo: la cassapanca. Nelle sue condizioni non era in grado, da solo, di rimuovere l’ostacolo e dunque chiede aiuto alla madre. Lo sappiamo qual è la meta concreta da raggiungere nell’immediato futuro? Qual è la nostra cassapanca attuale? Siamo in grado di rimuoverla da soli o forse è meglio rivolgersi a qualcuno che ci dia una mano? Se penso a quante volte nel mio passato mi sono chiuso dentro la cassapanca delle mie difficoltà, sperando che si aprisse da sola, mi verrebbe da prendermi a salutari schiaffi da solo. Quanti danni produce l’orgoglio malato, la presunzione di voler fare tutto da soli, il credersi onnipotenti e super eroi. A ben pensarci quello era il tempo della lezione: “Come le cassapanche non si aprono da sole!”. Un giorno, capii che era molto meglio condividere le mie cassapanche con quelle altrui. E’ uno dei giochi più belli ed entusiasmanti che ci sia: s’impara molto più velocemente e non ci si annoia mai. Ogni cassapanca ha qualcosa da insegnarci; anche se esteriormente a volte sembrano tutte uguali, aprendole si trova una miniera di ricchezze d’idee, soluzioni creative e spunti di riflessioni da rimanere a bocca aperta». Tratto dalla pubblicazione Finalmente liberi La gioia di essere autentici, pp. 179-181
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