Il processo della mistificazione in educazione
«“Cos’è reale?”, chiese un giorno il coniglio di stoffa, “Significa avere dentro di sé quel rumorino fastidioso, e quella mano penzolante?”. “Reale non è come sei stato creato”, rispose il cavallo di pezza. “È qualcosa che ti accade. Quando un bambino ti ama per tanto tempo, non solo per giocare, ma ti ama veramente, allora diventi reale”». M. Williams
«La mistificazione è un processo di falsificazione e alterazione di una verità ontologica: quando nasciamo, siamo dotati di sensibilità, intelligenza, talenti, attitudini e potenzialità realizzative in un modo del tutto originale. Nel DNA c’è qualcosa di prezioso e speciale: l’impronta genetica dell’individualità nascente. Il più grande imbroglio che ci possa capitare è quando, attraverso la mistificazione, siamo contaminati dai virus altrui e infettati nell’essenza del nostro originale modo di essere. La mistificazione è il primo livello di contaminazione che blocca il naturale e spontaneo processo di crescita del “vero Sé”. Dobbiamo dire grazie a Donald Winnicott se oggi conosciamo la definizione del “vero Sé” che egli definisce come la parte di noi che tende a svilupparsi in modo autentico e che ci permette di trovare la piena salute emozionale, affettiva e cognitiva. “Il gesto spontaneo è il vero Sé in azione. Solo il vero Sé può essere creativo e può sentirsi reale. Mentre il vero Sé si sente reale, l’esistenza di un falso Sé determina una sensazione di irrealtà o di futilità”.
Da dove nasce la salute mentale?
Da dove nasce dunque la salute mentale di un individuo? Secondo Winnicott, dalla capacità di una madre “sufficientemente buona” di provvedere ai bisogni emotivi e alle pulsioni fisiologiche che un neonato le comunica con il suo linguaggio non verbale. Nei primi giorni e mesi di vita, un neonato instaura una relazione con il mondo oggettuale, inteso come “altro da sé”. Egli, infatti, non ha ancora la capacità di distinguere il senso del proprio io, come unità psichica separata e distinta da quella della madre e del mondo oggettuale esterno. Ciononostante la madre, rispondendo alle sue richieste, gli fa percepire che esiste un qualcosa al di fuori di lui che gli viene incontro, come, ad esempio, il suo seno o il biberon. Tutto questo passa inosservato quando tutto va bene (come accade quando si è in salute: non ce ne rendiamo conto), ma s’incomincia a evidenziare quando, per diverse ragioni, la madre non è capace di sostenere i bisogni di crescita e il neonato inizia a manifestare segnali di nervosismo, inappetenza, mancanza di sonno, ecc. E il padre? Non va sottovalutata la sua presenza e l’influenza positiva che egli sa dare nel momento in cui fornisce sicurezza e sostegno psicologico alla propria compagna; in questo modo, rende la donna più forte e sicura nel suo ruolo materno, in grado di svolgerlo al meglio delle sue possibilità. La salute, nel primo sviluppo dell’individuo, implica una continuità da parte della madre di intuire quali sono i reali impulsi e bisogni di natura corporea ma anche emotiva del neonato che tiene tra le braccia. Se il neonato si sente compreso, cioè tenuto dentro la realtà psichica della madre (e del padre), può sviluppare il primordiale senso dell’io spontaneo e dunque autentico». Tratto dalla pubblicazione “Finalmente liberi. La gioia di essere autentici”
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