Lo studio è un ponte non un muro.
Come sostenere l’impegno scolastico di un figlio? A volte lo studio diventa un muro di Berlino tra genitori e figli perchè non si è capaci di offrire il giusto sostegno, delle efficaci strategie di studio e delle valide motivazioni.
«A tutti è concessa la possibilità di sentire! Quando eravamo bambine e bambini avevamo il dono della sensibilità, di percepire l’amore dei nostri genitori, la delicatezza di un bacio, la tenerezza di una carezza, la luminosità di uno sguardo, la protezione di un abbraccio o l’accoglienza di un volto. Sentire nella parte più intima di noi la bellezza della vita è rimanere eterni innamorati, nonostante le delusioni, le amarezze e le ferite che tutti, prima o poi, incontriamo. Dobbiamo tutti impegnarci per riparare le cose rotte, per raddrizzare quelle storte, per rimettere in equilibrio quelle squilibrate. È questo il potere più grande che ci è concesso nel corso dell’esistenza: elaborare, trasformare, guarire! Solo che non possiamo fare tutto questo da soli! Abbiamo bisogno di chi ci aiuti a scrivere nelle pagine della nostra vita ciò che è giusto, vero e bello. L’idea di questa pubblicazione nasce proprio dal desiderio di sostenere bambini e preadolescenti nell’attività più impegnativa della loro età: lo studio. Sono tanti anni che mi confronto con studenti, genitori ed insegnanti sulle tematiche dell’apprendimento, che fanno parte di un processo più ampio del solo aspetto cognitivo. L’intelligenza è sono uno dei molteplici fattori che concorrono al buon esito dell’impegno scolastico. Vi sono molti altri aspetti da considerare: le dinamiche della crescita psicologica, la natura delle relazioni affettive e sociali, la percezione di sé in termini di autoefficacia e autostima, per citarne solo alcune.
“Tra vent’anni non sarete delusi delle cose che avete fatto, ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite”. Mark Twain
L’intelligenza è intrecciata, ad esempio, con le nostre emozioni, l’organizzazione del tempo, le procedure di autocontrollo, l’acquisizione di un corretto metodo di studio, la concentrazione mentale, la gestione dell’ansia e la motivazione ad apprendere, ecc. Tutto questo ci fa comprendere che se vogliamo essere genitori o insegnanti efficaci, dobbiamo svolgere con la massima autorevolezza possibile le funzioni del ruolo educativo e formativo di nostra competenza, senza invadere quello altrui. Credo che un problema di studio non debba mai diventare il muro di Berlino tra genitori e figli, tra studenti e insegnante o tra famiglia e scuola, come purtroppo spesso accade. La verità è che dove c’è un allievo che soffre c’è una persona che soffre, ovverosia il soggetto stesso che viene sgridato, colpevolizzato o maltrattato da adulti non in grado, a loro volta, di affrontare con competenza, razionalità e creatività la situazione difficile in cui egli si trova. La sofferenza scolastica di un allievo è anche quella dei suoi genitori e insegnanti. Può accadere che il problema dello studio, indipendentemente dalla sua natura, faccia deragliare il treno del dialogo costruttivo in stati di elevato conflitto relazionale. Alla base di tutto ci sono dei sensi di inadeguatezza, di colpa o di impotenza da parte dei soggetti attori di tale deragliamento, che non aiutano ad essere distesi, rilassati e mentalmente lucidi. Al contrario, se studenti, genitori e insegnanti si sintonizzano sulle frequenze dell’autostima, dell’ascolto empatico e del dialogo costruttivo il problema si trasforma in opportunità di crescita e la difficoltà in una risorsa evolutiva». (Tratto dalla pubblicazione “La gioia di studiare” pp. 9-10).
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