CANCELLARE O ELABORARE IL DOLORE?
È possibile cancellare il dolore? E che cosa succede se lo facciamo? Quando può essere utile arrivare a tale scelta?
Il dolore che proviamo può avere diverse origini e la prima cosa da dire è che sarebbe sbagliato generalizzarlo come un’esperienza univoca poiché ognuno di noi lo vive a modo suo e in contesti relazionali, culturali e sociali diversi. Il mio primo grande dolore è stata la perdita di mio padre per un cancro al fegato che quando è stato scoperto era già diffuso in diversi organi con la conseguenza di una sua rapida fine. Quel dolore è stata la mia prima grande lezione sul senso e sul significato dell’esistenza, sulla realtà della perdita e di come andare avanti nonostante tutto. Eppure, vi sono persone che subiscono traumi, violenze e situazioni di atrocità umana a volte indescrivibili per la loro crudezza e l’orrore che contengono. Ho ascoltato molte storie dolorose nel corso della mia esperienza professionale e in ognuna di esse vi erano lacrime come goccioloni, paure mai sopite, mutilazioni cognitive e affettive, colate di rancore come un vulcano stracolmo di magma incandescente. La memoria del dolore fa parte della nostra storia e cancellarlo ci impedisce di poterlo elaborare per poi trasformarlo in un’energia evolutiva che ci permette di abitare un futuro migliore. Cancellare l’esperienza del dolore significa annullare l’insegnamento che è in esso contenuto a meno che esso sia talmente brutale che l’unico modo per andare avanti sia quello di eliminarlo dalla memoria cosciente. Il nostro apparato psichico provvede a questa eliminazione con il meccanismo della rimozione. Va detto che rimuovere il ricordo di un’esperienza altamente dolorosa è utile quando ci consente di mantenere uno stato tendenzialmente orientato al condurre una vita funzionale o semi-funzionale. Può accadere che ad un certo momento, quasi all’improvviso, questo dolore si risvegli e bussi alla porta della memoria con tutto ciò che ne consegue: smarrimento, sgomento, dolore, confusione, angoscia, ecc. Come mai a distanza di anni ciò può accadere? Anche qui possono esservi più risposte. Una delle più credibili è che la persona è pronta per iniziare il processo di elaborazione del trauma al fine di ritrovare un nuovo equilibrio e una rinnovata vitalità. Quando si matura nascono nuove gemme che portano a fiorire in una consapevolezza adulta.
La capacità di elaborare e trasformare il dolore ci consente di andare oltre e di adoperarci per renderlo un’energia evolutiva.
Il dolore, quando non è troppo brutale e insopportabile, va accolto ed elaborato, perché esso segue una finalità: insegnarci a creare un nuovo ordine, una nuova vita, un essere persone più forti, mature e generative. In fin dei conti, anche nell’universo vi è una finalità evolutiva che dà ordine al disordine. Se due pianeti si scontrano lo fanno per generare dei nuovi mondi ma non per un fine distruttivo. Il dolore non dovrebbe diventare una forza distruttiva per l’essere umano ma di fatto, a volte, lo diviene; questo accade quando chi lo vive non sa affrontarlo e/o non viene aiutato a superarlo. Il dolore per la perdita di mio padre mi ha insegnato davvero tanto nei 19 anni di allora e ancora oggi lo sta facendo. Cancellarlo non mi avrebbe permesso di essere quello che oggi sono e, soprattutto, di avvicinarmi al dolore altrui in punta di piedi e con tutta la delicatezza che esso richiede. Sedersi accanto al dolore altrui è un privilegio, perché da esso c’è sempre da imparare e anche perché la condivisione della sofferenza ci rende più umani, più fratelli e sorelle nell’anima. E il viaggio continua… Grazie di essere arrivati sino a qui.
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