Famiglie incapaci di educare!
La famiglia dovrebbe essere una base sicura, il principale punto di riferimento in cui si costruiscono i valori e il senso d’appartenenza a una comunità.
Che cosa sta succedendo a molti adolescenti che diventano protagonisti di atti violenti nei confronti di altri coetanei o persone in difficoltà come il recente caso di Antonio Stano, una persona affetta da disabilità mentale a Manduria in provincia di Taranto, per anni crudelmente perseguitato da una banda di otto ragazzi dai 16 ai 18 anni d’età? C’è un costante aumento di violenza tra i giovani e considerare tale fenomeno un eccesso d’aggressività o un semplice episodio di delinquenza minorile, rischia di sottovalutare la realtà di un fenomeno che ha le sue origini nella parola chiave della formazione umana: EDUCAZIONE! La domanda più importante è la seguente: “Dove sei genitore, dove sei famiglia?”. Quando i genitori si assentano dal loro ruolo educativo, i figli sono inevitabilmente allo sbando e il gruppo degli adolescenti diventa sempre più importante. Quando gli adulti si eclissano il baricentro della vita dei giovani diventa il gruppo, mentre la famiglia diventa un mero supporto per dormire, mangiare, collegarsi a internet e ricevere un sostegno economico ma nulla più. L’ingresso nell’adolescenza comporta il distacco dalla dipendenza infantile, la maturazione sessuale, emotiva, cognitiva e morale. Si è alla ricerca di una nuova identità e il gruppo, da questo punto di vista, diventa un tetto rassicurante in cui fondersi per sentirsi qualcuno, per avere un senso d’appartenenza e assumere una propria visibilità sociale. Inoltre, il senso dell’autostima è tutto da costruire e si tende a sentirsi di valere solo se apprezzati dai propri coetanei, più che dagli adulti. Pur di piacere agli altri si perde il senso della coscienza morale; vale più sentirsi approvati dal gruppo che dalla propria coscienza interiore, ammesso che questa sia stata stimolata dall’educazione famigliare e scolastica. Ma c’è di più! Sul piano della struttura psicologica questi adolescenti sono portatori di un grave disturbo della personalità chiamato “alessitimia”, che procura il non provare emozioni e tantomeno empatia. Infatti, sanno infliggere del male senza provare senso di colpa o pietà per la vittima, poiché non conoscono il sentimento della compassione. La loro crudeltà è il simbolo della non educazione affettiva che evidentemente in famiglia non è mai stata insegnata e coltivata. Prevenire questi episodi non è lavorare unicamente sui giovani, ma soprattutto nelle famiglie e nelle istituzioni educative. Fa strano pensare che un genitore adottivo deve sottoporsi a esami sul suo stato di salute psicologica, a volte anche umilianti e condotti con poco tatto, mentre a un genitore biologico non è richiesta nessuna certificazione che lo attesti in grado di svolgere il compito più impegnativo tra tutti: educare un essere umano. Se vogliamo costruire un futuro migliore è dalla genitorialità che bisogna incominciare. Grazie.
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