“Si otterrà più con uno sguardo di carità, con una parola d’incoraggiamento che dia fiducia al cuore, che con molti rimproveri, i quali non fanno che inquietare”. Don Bosco
Che cosa manca ai giovani d’oggi? Tra i tanti elementi che potremmo elencare, possiamo con serenità affermare che mancano gli ideali, i sogni, dei valori forti a favore di un progetto che riguardi la costruzione di un solido ed entusiasmante futuro, qualsiasi esso sia: scolastico, professionale, sociale, politico, religioso, ecc. Girovagare a vuoto è contro la natura dell’essere umano. L’essere umano è nato per realizzarsi e tendere verso questa meta. E ciò si realizza quando si è capaci di esprimere talenti, attitudini e potenzialità per realizzare lo scopo della propria vita. Oggi vediamo i nostri ragazzi ricurvi sui loro smartphone, davanti a un tablet o allo schermo di un computer, a inseguire emozioni e ingurgitare i messaggi propagati dalle mode del momento.
Nel Vangelo di Luca (4,4) leggiamo: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Sino a quando l’educazione non saprà rispondere a questa fame non materiale, difficilmente potrà compiere il suo scopo più nobile: generare uomini e donne in armonia con se stessi e in pace con il mondo.
Don Giovanni Bosco (1815 -1888) è stato il primo grande educatore dei giovani, in un’epoca dove la miseria e il degrado imperavano sovrani. Egli è stato l’ideatore del “sistema preventivo”, atto a irrobustire la spina dorsale morale dei giovani al fine di prevenirne la devianza. Questo sistema si basa su tre cardini:
1. L’amorevolezza, 2. La ragione, 3. La religione.
Due sono gli atteggiamenti che connotano il sistema preventivo di Don Bosco; il primo è quello accogliente e festoso; il secondo quello severo ed esigente, ovverosia “mani di ferro in guanti di velluto”. L’educatore per arrivare a questo deve innanzitutto forgiare se stesso, divenire umile artigiano della propria crescita interiore, attore consapevole del proprio processo di maturazione psicoaffettiva e divenire così una “persona” affidabile, su cui il giovane può poggiarsi per costruire la sua personalità in modo libero e autentico al tempo stesso. Non vi può essere, infatti, vera educazione se la libertà non diviene uno strumento di formazione della propria identità, in cui risiedono i tratti dell’unicità individuale.
“Se volete ottenere molto dai vostri allievi, non mostratevi mai offesi contro alcuno. Tollerate i loro difetti, correggeteli, ma dimenticateli. Mostratevi sempre loro affezionati,e fate conoscere che tutti i vostri sforzi sono diretti a fare del bene alle anime loro”[1].
Don Bosco non ama parlare di castighi, poiché non è evidenziando il male che può sorgere il bene. Una volta si faceva scrivere più volte sul quaderno di scuola a un bambino: “Non devo essere…, cattivo, pigro, distratto, disubbidiente, ecc” e in questo modo egli sviluppava un’immagine sempre più negativa di se stesso. Don Bosco aveva compreso che mettere nero sul nero non fa emergere i colori di luce presenti nell’anima e nel cuore di ogni educando. Egli invita a stabilire delle chiare regole e quali sono le conseguenze se non sono rispettate, onde evitare che un giovane possa sentirsi ingiustamente accusato o perseguitato.
L’amorevolezza è il primo punto del sistema preventivo. L’amorevolezza è un insieme di gesti concreti che infondono stima e fiducia nell’educando, elementi essenziali per favorire una sua continua crescita verso il bene, il bello e il buono. Stare insieme ai ragazzi è diverso che parlare di loro: è questo uno dei grandi segreti di Don Bosco, che amava giocare con i propri giovani e relazionarsi in prima persona, condividendo al tempo stesso i loro interessi. Senza un’intima confidenza non vi può essere vera relazione tra un educatore e un educando ed è proprio per questo che l’opera educativa non può esimersi dallo stabilire un rapporto di reciproca fiducia e costante dialogo.
La ragione è il secondo punto su cui far leva per estrarre il meglio di sé e dell’educando. Con questo termine Don Bosco desidera condurre un ragazzo “sulla via della razionalità, della maturazione nel giudizio, delle scelte equilibrate” (Franco Santini). Non si tratta dunque di una fredda razionalità ma di un atteggiamento fondato sull’armonia e sull’equilibrio dell’educatore che conduce in modo spontaneo l’educando nei binari di una sana crescita umana e spirituale. I valori sono i veri anticorpi con cui resistere alle tentazioni di una vita comoda, attratta da immediate gratificazioni edonistiche o che viene imperniata su degli astuti sotterfugi. Tutto questo può essere trasmesso attraverso l’arte del dialogo che unisce il momento dell’ascolto empatico a quello di una parola ricca di contenuti, stimoli formativi e acute riflessioni sul senso della vita. Nel sistema preventivo conta molto anche l’atmosfera emozionale che permea la relazione educativa. Un ambiente triste, ad esempio, o pervaso da pessimismo, non è in grado testimoniare la bellezza della vita e la speranza nel futuro.
[1] T. BOSCO, I più bei pensieri, 28