“Non si può non comunicare”.
La comunicazione la si può comprendere solo se è inserita all’interno di un sistema relazionale. Nessuno di noi è un’isola ma parte del grande continente dell’umanità.
«Ogni elemento di un sistema ha un suo preciso significato all’interno del sistema stesso: non ha senso tenere presente un elemento singolo se è separato dal suo sistema d’appartenenza. Se voglio comprendere il comportamento di uno studente, lo devo inserire nel sistema classe. Se voglio analizzare le dinamiche relazionali di un ambiente di lavoro, lo posso comprendere solo se acquisisco gli elementi che fanno parte di quel sistema. Se voglio lavorare sul miglioramento del rendimento di una squadra sportiva, devo partire da ciò che trovo, dalla natura delle dinamiche che si sono create all’interno dello spogliatoio e da lì iniziare a lavorare per proporre degli step di miglioramento. Sono anni che svolgo corsi di formazione, eppure non ho mai trovato un gruppo di partecipanti uguale all’altro. Ogni corso ha la sua struttura, le sue dinamiche interne, i suoi pro e i suoi contro, perché quando le persone si incontrano, stabiliscono – in modo automatico e inconsapevole – la natura della loro relazione, le regole della comunicazione, i permessi e i divieti dello spazio psicologico in cui si trovano. Comunicare è comprendere la natura di una relazione per renderla più funzionale e, se necessario, farla maturare con l’acquisizione di nuovi modelli comportamentali. Questa visione ci porta a considerare la comunicazione interpersonale come un processo dinamico e interattivo dove ognuno è contemporaneamente emittente e ricevente.
Per anni ho vissuto nell’inibizione comunicativa, un’incapacità a esprimermi in modo autentico, diretto e spontaneo. La mia timidezza si era presto trasformata in una prigione invisibile. Quando si è incapaci di essere diretti, spontanei, determinati e liberi di manifestare se stessi, la comunicazione interpersonale diventa un motivo d’ansia poiché ogni giorno siamo chiamati a dover affrontare altri esseri umani, non sempre ben disposti nei nostri confronti. A volte bisogna sapersi difendere, altre accondiscendere, perché la comunicazione è come una danza che cambia in continuazione la sua partitura a seconda del contesto relazionale in cui ci troviamo. Ricordo la cattiveria di un bambino della scuola materna che ogni volta che m’incontrava mi dava dei pizzicotti sulle cosce e sulle braccia. Non ho mai detto nulla né alle maestre (erano tutte suore), né a mia madre. E nessuno se n’è mai accorto. Ricordo il disagio di affrontare ogni giorno la scuola e il mio restare sempre in disparte, muto come un pesce. E nessuno se n’è mai accorto. Ricordo la fatica di mangiare un formaggino dall’odore nauseante sotto il minaccioso sguardo della suora di turno. E nessuno se n’è mai accorto. Eppure, secondo il primo assioma di Palo Alto, “non è possibile non comunicare“, poiché il comportamento stesso è fonte di messaggi comunicativi. Ogni giorno trasmettiamo e riceviamo messaggi a livello non verbale di cui siamo scarsamente consapevoli. Chi impara a cogliere questi segnali ha un enorme vantaggio, poiché è come giocare a poker e conoscere le carte dell’altro. Solo che nella comunicazione, se etica, non si gioca per vincere l’altro ma per vincere insieme all’altro». Tratto da “Le chiavi della comunicazione per costruire relazioni efficaci“, pp. 80-83.