L’egocentrismo è come un buco nero!
L’egocentrismo è dannoso per la salute di chi lo vive e rende difficile la vita a chi gli sta vicino.
Piaget ha utilizzato il concetto di egocentrismo per definire l’incapacità di un bambino di differenziare e distinguere il suo punto di vista rispetto a quello degli altri. L’egocentrismo cognitivo si attua quando il proprio modello di pensiero è utilizzato per leggere la realtà dell’altro, dando per scontato che l’altro abbia il proprio identico punto di vista. Ad esempio, se io sono propenso ad aiutare il prossimo penso che anche gli altri lo siano; se non provo invidia per il successo altrui penso che anche gli altri non la provino nei miei confronti. Se osserviamo le comunicazioni tra bambini di età inferiore ai 3 anni, scopriremmo che ognuno parla per se stesso ed è poco interessato a conoscere le opinioni altrui e tantomeno di condividere le sue. E’ come se un bambino recitasse un monologo fine a se stesso. La capacità di prendere in considerazione le opinioni altrui e il desiderio di condividere le proprie, nasce tra i quattro e i dieci anni di età, attraverso il processo della socializzazione secondaria (scuola dell’infanzia e scuola primaria). In questa fase della crescita un bambino dovrebbe, attraverso i giochi di ruolo, in cui sperimenta un ruolo sociale diverso dal proprio, incominciare a decentrarsi dal proprio punto di vista. E’ evidente che se un bambino rimane isolato e ha poche opportunità di confronto con gli altri bambini, difficilmente potrà incominciare a calarsi nei panni altrui e a sviluppare le basi del futuro atteggiamento empatico. La tendenza a mantenere un atteggiamento egocentrico può dunque caratterizzare il pensiero di una persona adulta, che manterrà una sorta d’ingenuità mentale nella lettura della realtà. Chi tende a rimanere nell’egocentrismo cognitivo non riuscirà a comprendere e ad accettare la diversità dei comportamenti altrui, poiché ritiene che il proprio modo di essere sia l’unico degno di stima e d’approvazione. L’incapacità di comprendere che siamo tutti diversi (con gradi bassi o elevati di differenziazione) è il maggior ostacolo che si verifica nelle relazioni interpersonali. I soggetti più egocentrici nemmeno si pongono il problema che la loro comunicazione possa non essere compresa o fraintesa, perchè per loro la realtà ha un solo colore: il loro. Quando nascono dei conflitti il problema è sempre dell’altro che “non li capisce” e non della loro incapacità di mettersi nell’altrui punto di vista. Chi ha sviluppato un atteggiamento responsabile non punta il dito e nemmeno si autocommisera quando vi sono delle incomprensioni comunicative. Il modo migliore di reagire è quello di affermare: “Forse, non mi sono spiegato bene” o “non ci siamo capiti e dobbiamo aiutarci a comprendere meglio i rispettivi punti di vista”. La comunicazione è un processo il cui esito dipende da entrambi le parti: colpevolizzare, aggredire o subire sono atteggiamenti che minano il buon esito del processo comunicativo.
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