«La famiglia è dove il cuore trova sempre una casa». Stephen Littleword
La famiglia è come una particella del pianeta umano, in cui si può sperimentare il più intimo, intenso e appagante senso d’amore e di gioia per il dono della vita. Al tempo stesso, una famiglia malata, immatura o disfunzionale può distruggere la bellezza dell’avventura umana, far nascere sentimenti distruttivi come il cieco odio o generare persone patologiche. Che cosa permette a una famiglia di produrre la vitamina della crescita per ognuno dei suoi dimoranti? La capacità di mettere bene in mostra, nella vetrina della comunicazione trasparente, i propri e altrui bisogni, emozioni, sensazioni, sentimenti, pensieri e aspirazioni realizzative. Che cosa aveva compreso Virginia Satir di così diverso rispetto a chi l’aveva preceduta nella cura e guarigione delle famiglie disfunzionali? Una semplice e così ovvia riflessione da divenire invisibile allo sguardo di tanti altri studiosi: «La vita in famiglia è qualcosa come un iceberg: la maggior parte della gente è consapevole solo di un decimo di ciò che succede – il decimo che può vedere e sentire. Si può avere qualche sospetto in più, ma non si sa che cosa sia e non si ha idea di come scoprirlo. Il non saperlo può mettere la famiglia in una situazione pericolosa: proprio come il destino del navigante dipende dal sapere che la massa dell’iceberg è sotto l’acqua, così il destino della famiglia dipende dal capire i sentimenti e i bisogni che stanno sotto gli eventi quotidiani della famiglia (cosa succede sotto il tavolo?)».
A che livello di consapevolezza ci troviamo in questo momento? Questa è una domanda molto importante, perché solo scoprendo la parte nascosta dell’iceberg, possiamo divenire capaci di guidare noi stessi e la nostra famiglia, verso la realizzazione del Progetto Felicità. Non sempre siamo capaci di vivere nella pienezza delle nostre facoltà umane; ad esempio, se non siamo stati educati a entrare in un positivo contatto con il nostro corpo, accettandolo e prendendosene cura con amorevolezza ed equilibrio, potremmo essere fuori forma, fumare, bere in modo eccessivo o alimentarci scorrettamente. Se siamo cresciuti in ambienti dove la realtà delle cose era mistificata o negata, è probabile che abbiamo sviluppato l’abitudine a non valutare con realismo e onestà noi stessi e la realtà del mondo esterno. Se non ci hanno insegnato il valore del rispetto e della gentilezza, è probabile che non siamo in grado di utilizzare il linguaggio dell’amabilità e della stima verso di noi e il prossimo. Se non ci hanno educato a regolare il termostato della vita emotiva, è facile rimanere in balia delle onde emozionali ed essere sbattuti da uno stato d’animo all’altro, senza riuscire a spegnere il fuoco della rabbia o a proteggerci dalla pioggia della «melanconia» (Sigmund Freud).
«Se siamo felici, se siamo in pace, possiamo sbocciare come un fiore; e la nostra famiglia, tutta la società, trarranno beneficio dalla nostra pace». Thich Nhat Hanh
Nelle famiglie sane, ogni membro sa assumersi le proprie responsabilità, sviluppare la creatività, esprimere i propri talenti, manifestare interessi e adattarsi ai cambiamenti con duttilità e flessibilità; inoltre, vi è molta energia vitale, dinamismo, senso dello humour e una comunicazione aperta, diretta e congruente. Nessuno, se esprime con trasparenza ciò che sente e pensa, si trova in imbarazzo, in colpa o con la paura di subire ricatti, minacce o voltafaccia; infine, nessuno si vergogna ad ammettere i propri sbagli e a condividere un momento di difficoltà. Non pensiamo che quanto descritto sia un’utopia, perché famiglie come queste esistono per davvero. Certo, non esiste la famiglia perfetta, in cui non si litiga mai e ci si comprende sempre. Le fiabe le lasciamo al mondo della fantasia, ma sta all’impegno di un genitore e dei figli stessi decidere di scrivere con amore le pagine della vita famigliare.
Tratto da “Educare? sì, grazie!” pp. 84,85.
Tratto da “Educare? sì, grazie!” pp. 84,85.