Un figlio fa pace con il proprio padre quando per la prima volta vede in lui un uomo.
Se penso a mio padre molte emozioni si muovono dentro di me in una galleria di ricordi che si è fermata troppo presto, all’età di diciannove anni. Chissà mai perchè ma quando si è bambini o adolescenti non si pensa mai alla morte dei propri genitori, come se il cuore e l’anima sentissero che essi fanno parte di noi, come nessuno penserebbe di vivere senza ossigeno o acqua, senza musica o poesia. Mio padre aveva, a sua volta, subito la perdita della madre dopo una lunga malattia all’età di 21 anni e per me nonna Caterina era una persona assente a tutti gli effetti, soprattutto perchè mio padre non ne parlava mai di lei e questo era diventato un fatto del tutto naturale per noi tre figli. Al contrario, alle mie figlie parlo spesso del loro nonno Cesare perchè la parola è ciò che riempie il vuoto di un’assenza fisica e che alimenta una presenza importante per la crescita della propria identità.
Non dovremmo mai dimenticare chi siamo e da dove veniamo.
Se la vita è una storia in cui entriamo in punta di piedi, quanto è importante conoscere il contenuto dei capitoli precedenti in modo tale da dare una cornice storica al quadro del nostro “qui ed ora”? Durante l’adolescenza entrai in conflitto con mio padre. Lo accusavo di essere poco presente e “freddo” nel comunicare i suoi sentimenti a livello corporeo. E’ certo che gli adolescenti spesso sono mossi dal mare mosso delle loro emozioni e non sanno leggere nella profondità dell’animo umano e nei fondali della psiche umana. L’impulsività rende sempre ciechi, sino a quando una domenica pomeriggio, lui sulla sua sedia io sul divano a recriminare come un cavaliere in sete di giustizia mi rivolsi a mio padre con la rabbia di chi non si sente amato e lui mi rispose con tranquillità colpendomi al centro della mia giovane coscienza dicendomi: “Ma lo sai che quando io avevo la tua età a tuo nonno mi rivolgevo dandogli del lei?”.
“Non giudicate per non essere giudicati”.
In quel momento, per la prima volta, non vidi mio padre ma un ragazzo della mia età che non poteva nemmeno dare del tu a suo padre. Ed è con la comprensione che i muri si abbattono, le porte del perdono si aprono e un vento gagliardo fa entrare la brezza della riconciliazione più profonda.
Da quel giorno ho incominciato a pormi in maniera diversa e a portare maggiore rispetto per il dolore congelato presente nel cuore di un uomo che era mio padre… E il viaggio continua… Grazie.
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Grazie coach! Le tue parole sono una luce per la comprensione della mia storia e della mia vita. Con riconoscenza. GRAZIE
chiara
Ieri è stato il 16o anniversario della morte del mio babbo. Se n’è andato che avevo 23 anni dopo due anni di malattia. Ma uno che quando da bambina lo ringraziai per avermi dato la vita, mi rispose, con una semplicità e un umiltà illuminanti “non devi ringraziare me ma Dio: io sono stato solo uno strumento nelle sue mani”, oppure quando pochi giorni prima di morire di cancro, raccomandava di ricordarsi sempre di sorridere, non se ne va mai è resta per sempre scolpito nel cuore!”.
Grazie Manuela per la tua testimonianza. È proprio così: un padre, come una madre, quando ci insegnano come si affronta la vita rimangono per sempre dentro di noi. Grazie anche a Chiara per il suo commento. Il viaggio continua…
Caro coach, anch’io ho perso mio padre all’età di soli 18 anni, a causa delle complicazioni cardiovascolari dovute al secondo ictus. Ho avuto sempre un rapporto di amore viscerale per mio padre, per la sua giocosità e paternità piena di delicatezza e tenerezza che lo portava a raccontarci favole, barzellette che mi hanno dato il gusto e la passione per la vita, ma anche ho provato verso di lui risentimento e odio perché in seguito quell’immagine di padre affettuoso e dolce era stata strappata e rubata da quella di un padre sofferente con tratti bipolari, maniaco depressivi. Lo rifiutavo dentro di me ed in certo senso dal letto dove per tanti anni degeva a causa dei sedativi e poi dell’ictus, lo sentivo lontano, assente, perciò quando lui morì, io ero già stata preparata nel mio cuore. Adesso ho capito che l’odio che provavo verso di lui era un grido di ribellione per il dolore di averlo sentito distante, che io non ne avevo colpa, ma nemmeno lui. Adesso sto rimarginando le ferite dell’amore mancato, con il perdono e la accettazione della volontà, ma con una sconfinata e di gran lunga superiore gratitudine per l’esempio grande e fiero che ho ricevuto, anche quando era su quel letto e soffriva e sopportava e amava e pensava a noi…Grazie infinite
Cara Maria, è molto vero e bello ciò che hai scritto. La rabbia per un genitore non è mai dettato dall’odio ma dall’amore che si desidera ricevere. Grazie per questa t
Grazie per questa tua testimonianza così intima che ci hai donato!
L’importante è riconoscere anche il bambino che c’è nel tuo papà
E dire aveva i suoi difetti ma io l’ho accettato così!!!
È proprio così caro Roberto! Grazie per avercelo ricordato.
Ciao coach, mio padre è in fase terminale , lo sto conoscendo solo adesso perché solo ora lo vedo tutti i giorni andandolo a trovare in ospedale. Per la prima volta dopo 42 anni mi ha preso la mano, credo sia stato il suo modo per dirmi che mi ha sempre voluto bene nonostante la separazione dopo 1 anno di matrimonio con mia mamma . Solo ora l ho perdonato vedendo la sua sofferenza e sfortuna che lo porta a soli 65 anni ad avere poco tempo ancora per la vita.
Solo con il perdono potremmo riconciliarci con i nostri genitori perché un giorno saremo noi a dover far da genitori anche a loro anche solo aiutandoli ad alzarsi da un letto.
Carissimo Pie(t)ro, io il tuo papà me lo ricordo e sono commossa da questa testimonianza, da una foto così intensa. Lui a volte mi sgridava come avrebbe fatto con una figlia, ho sofferto anch’io moltissimo quando ci ha lasciati. Del resto, qualcuno all’epoca mi scriveva che ‘il pensiero sconfigge ogni barriera…’. ed è così che mi sento ora: non ho dimenticato nulla. Un abbraccio immenso. Lorenza